Conosciamoci peggio

La politica dei principi, quella delle responsabilità e quella de li mortacci vostri

E’ necessario che faccia una premessa, una di quelle che parte lontano, più di venti anni fa, quando in età adolescenziale, oggi a 15 si è donne o uomini fatti, frequentavo il paese dei miei genitori, tra i monti boscosi dell’Appennino ai confini con il Lazio, uno di quei posti che a Roma capitale ha dato tanto, soprattutto nei cinquanta, e ha preso tanto, soprattutto dai cinquanta in poi. Al tempo avevo un gruppo di amici, quelli tipo “Stand by me” del film di Rob Reiner, che poi perdi di vista ma non dimentichi mai e non li chiami perché preferisci il ricordo, e con loro imperversavo nel raggio infinito del raggiungibile in bici intorno al paese, la sera poi si andava per campi e vicoli e strade buie. Una di quelle sere capii, pur non conoscendola all’epoca, la Verantwortungsethik, l’etica della responsabilità di Max Weber, che avrei odiato, preferendola all’etica dei principi, fin quando non ho avuto dei figli.

Un tempo prima ancora mi trovavo nell’orto di mio nonno, austero signore, fascista nel ventennio per ineluttabilità contadina, reduce di guerra e poi amministratore  socialista e popolare, di ispirazione ottocentesca. Il buon uomo, lavoratore instancabile, ispiratore di vergogna in chiunque si ponesse dal tramonto all’alba, lo scopo di seguirne i ritmi, si lamentava con mio padre del furto di alcune pannocchie subito nottetempo, dicendo di sapere chi erano i responsabili, ma che non avrebbe fatto nulla per punirli. Io, poco più che bambino ed irruento, chiesi perché, insistendo sul fatto che una giustizia era necessaria, lui mi rispose che era per me che non lo avrebbe fatto, proprio per me. Ricordo che non capii e non capii per molto tempo, fino a quando una sera, insieme gli amici di “Stand by me” ci venne in mente di accendere un fuoco ed arrostirci su qualche pannocchia, per vincere la noia e l’umidità della notte.

Il reato ormai è caduto in prescrizione, per cui posso raccontarne i dettagli. Il raid fu veloce ma organizzato, individuato il campo mentalmente, passammo da altri campi, evitando le strade principali nelle quali avremmo potuto incontrare qualche pettegolo locale, sgusciando tra fili spinati e canali per irrigare, che misero a dura prova le lavatrici delle mamme. La strada improvvisata e il buio confusero i nostri riferimenti , ma ci trovammo comunque in un campo di mais, dove iniziammo a raccogliere. All’improvviso uno degli amici che chiamerò con nome di fantasia Venanzio, riconobbe, complice un raggio di luna, un rastrello, una zappa, i profili di un pozzo ed irruppe nel silenzio delle notte urlando: “Fermi tutti, li mortacci vostri, questo è l’orto de mi nonno”. In quel momento capii la Verantwortungsethik e tutti noi iniziammo ad allenarci alla politica de “Li mortacci vostri”, quella per cui il cittadino qualunque, io, tu che leggi, l’amico o l’amica al nostro fianco, nel pieno dell’abuso, tra gli abusanti, si rende conto che si sta abusando delle proprie cose, che poi sono di tutti e quindi istintivamente evitando ogni autocritica, accusa tutti gli altri, non “Li mortacci nostri” dunque, ma “Li mortacci vostri”. Sempre da ragazzi ci si allena ad essere i cittadini di domani.

L’etica dei principi è spietata, appartiene ai giovani e ai puri o a coloro che mancano di autocritica, ma ha spesso conseguenze drammatiche e se ha la fortuna di portare a rivoluzioni, precorre sovente le restaurazioni. Eppure non possiamo farne a meno per sognare, per sperare, per desiderare futuro. L’etica delle responsabilità è dei genitori, di coloro che pensano prioritariamente al futuro di altri e non porta gloria in genere, anzi porta all’odio, all’incomprensione, è una scelta di sacrificio e prima o poi tocca a tutti. E’ l’etica del compromesso, spesso.
Entrambe sono personali e tese a costruire una morale collettiva, che ci dona alfine, se ne siamo meritevoli, il diritto di chiamarci Popolo.

 

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Amedeo Di Nicola

Sognatore, giornalista, appassionato a tempo di tutto ciò che è appassionante. Vive a L'Aquila con F, F e F e si occupa per lavoro di comunicazione pubblica. Tra un viaggio e una poesia ha conosciuto le migliori menti della sua generazione e non solo, a loro ha chiesto di scrivere in questo blog. E' tra gli italiani che non si vogliono salvare (Cit. Francesco Piccolo).

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