Un sasso nello stagno

Settembre

Il cielo collerico di Settembre sfrangia il vapor d’acqua dei grandi ammassi e li riduce in cirrocumuli e pecorelle. Pascoli contaminati e vastissimi si offrono alla dissoluzione.
La stagione migliore chiude i battenti. L’aria è cambiata. Quel vento etereo sfalda la repubblica. Orde di ovini dispersi brucano indifferenti nelle praterie.
Attraverso l’equinozio, lo sfavillio instancabile delle stelle e il tacere discreto dei grilli, la notte s’è fatta più fredda.
Me ne sto in casa, crepuscolare.
Mi arriva di soppiatto, staccandosi dal sottofondo, la cronaca cruda di un pestaggio nella Metro. Mi sorprendo, cinico, a guardare le immagini della telecamera di bordo. Diaspora del coraggio. Fuggiti tutti. Anche io.
Dopo poco, un’altra cronaca secca mi convince a seguirla, quella di Fuocoammare che rappresenterà l’Italia. Sì, sono convinto, Lampedusa ci rappresenta tutti e rappresenta tutto, anche le case di ringhiera, i camalli, i quarant’anni di Totti e i cinquanta di Lorenzo, quelli che difendono l’assassino di Emmanuel, le tendopoli nel fango, la trattoria “Da Dino” in una via dei Mille qualunque (no, Garibaldi no: so’ ddu cose avulse), Piero Calamandrei, Filomena Delli Castelli, Ponte Milvio, le squallide strade di Caserta che s’imbattono attonite nella reggia, gli ulivi abbattuti del Salento, i quartieri spagnoli, le mura di Lucca, il bacio della Miss.
E’ l’Italia dei Lidi, dei bordi, dei confini. E’ l’Italia delle adunate al Foro Italico, a Palermo come a Roma, oggi come ieri.
E’ l’Italia di uomini, pecore e caporali. Di cani da guardia e di ladri che abbaiano.
E’ una repubblica esile e sparpagliata, un fatto contingente.
La bella stagione ormai esita. Il giorno si ritira e si arrende: Settembre, andiamo, i pastori macedoni salgono sui camion. Hanno vent’anni, suppergiù.
A quell’età gli italiani che si rispettano fanno i Neet. Quelli che non ci riescono fanno ressa sul web. I pochi rimasti, quelli che rispetto, saranno il lievito madre della rinascita.
Ci credo: ci sarà di nuovo un buon pane, fatto con la farina odorosa del grano dei raccolti migliori.
Aspetto Giugno, fedele.
Avrà cieli più sgombri o carichi di tempesta. I banchi compatti riempiranno gli spazi. Fischi decisi raduneranno le greggi. Sarà ancora Repubblica.

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Massimiliano Ibridi

Nel secolo scorso si è laureato al Dams di Bologna. Sposato, due figli, vive impersonando da qualche anno il ruolo di dipendente statale. Ma ben prima aveva cominciato a praticare vari, onesti mestieri. Vorrebbe tornare a vivere sotto il Monte Camicia, da dove proviene. Non ce la farà, è d’indole inconcludente. A disagio nel nuovo millennio, confonde continuamente il passato con la realtà.

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